L'ambiente familiare e i significati a legati allo “stare a tavola"
Plasmata da fattori ambientali, evolutivi ed economici, la cucina esprime e racchiude la cultura di chi la pratica. Al pari del linguaggio, il cibo è, da sempre, uno straordinario veicolo di comunicazione e di incontro tra le persone. Lungo tutto il corso dello sviluppo – dal
neonato, al bambino, all’adolescente – l’alimentazione occupa un posto centrale nella relazione tra genitore e figlio. E’ attorno all’atto della nutrizione che si forma la prima relazione. “Stare a tavola” è anche un modo, dunque, per stabilire relazioni di vicinanza, a volte di opposizione, è un momento importante di condivisione tra i membri della famiglia. Alcuni fattori, legati al microambiente familiare, potrebbero essere considerati predisponenti al sovrappeso/obesità in età evolutiva. Ad esempio l’evitamento dei conflitti intrafamiliari e l’inibizione della manifestazione delle emozioni, soprattutto di rabbia e aggressività, può trovare espressione nella voracità alimentare. In alcuni casi vissuti emotivi troppo intensi, tendono ad essere autoregolati con il cibo, anzi il “troppo” cibo usato per attenuare la percezione di certe emozioni (emotional eating, quando il cibo è usato come modulatore emotivo).
neonato, al bambino, all’adolescente – l’alimentazione occupa un posto centrale nella relazione tra genitore e figlio. E’ attorno all’atto della nutrizione che si forma la prima relazione. “Stare a tavola” è anche un modo, dunque, per stabilire relazioni di vicinanza, a volte di opposizione, è un momento importante di condivisione tra i membri della famiglia. Alcuni fattori, legati al microambiente familiare, potrebbero essere considerati predisponenti al sovrappeso/obesità in età evolutiva. Ad esempio l’evitamento dei conflitti intrafamiliari e l’inibizione della manifestazione delle emozioni, soprattutto di rabbia e aggressività, può trovare espressione nella voracità alimentare. In alcuni casi vissuti emotivi troppo intensi, tendono ad essere autoregolati con il cibo, anzi il “troppo” cibo usato per attenuare la percezione di certe emozioni (emotional eating, quando il cibo è usato come modulatore emotivo).
Questo workshop, oltre ad approfondire i significati attribuiti alla condivisione dei pasti in famiglia, ha stimolato un clima di confronto tra i partecipanti che sono diventati portavoce delle abitudini alimentari della propria cultura di appartenenza. Il lavoro esperienziale si è avvalso di tecniche di matrice sistemico-relazionale come il collage, di tecniche espressive e della tecnica delle libere associazioni.
L'Immagine Corporea
Scrive Umberto Galimberti, filosofo, sociologo e psicoanalista, “A nessuno è concessa l’immagine fedele del proprio corpo, la propria immagine è qualcosa che la mente costruisce”. Durante l’adolescenza, fase di vita che state attraversando, cambia il rapporto con il proprio corpo e con la sua rappresentazione mentale. L’interesse positivo o negativo che gli altri manifestano per alcuni aspetti del nostro corpo, può influenzare questa rappresentazione, accentuando o rimuovendo ciò che viene accettato o respinto.
L’adolescenza è una fase di decostruzione – ricostruzione del sé ed è frequente una marcata sensibilità al giudizio estetico negativo.
L’immagine corporea si riferisce alla nostra personale relazione con il corpo, è l’immagine che abbiamo nella nostra mente della sua forma, dimensione, taglia, sono le convinzioni, i pensieri sul nostro aspetto, è ciò che conosciamo di esso, sono i sentimenti che proviamo rispetto a singole parti del nostro corpo.
Il nostro aspetto e la nostra immagine corporea sono due componenti distinte. Ognuno di noi ha creato dunque una rappresentazione mentale di sé ed è principalmente questa a determinare la nostra l’autostima. Se l’immagine di sé è troppo lontana dai nostri ideali, l’effetto può essere l’insoddisfazione e la non accettazione di se. Il corpo viene, in questi casi, considerato un nemico da combattere, con diete, esercizio fisico incessante, per soddisfare, soprattutto, il bisogno di accettazione da parte degli altri o conformità ai modelli proposti dai media.
Quando l’inadeguatezza e l’insoddisfazione è alta, può condurre, nei casi più gravi, al dismorfismo corporeo, che viene così definito “una sensazione soggettiva di deformità legata alla convinzione di essere giudicati dagli altri in base a ciò che riteniamo gravi imperfezioni, che ci fanno sentire diversi e inferiori”.
Cosa può comportare un’immagine corporea negativa? Un abbassamento dell’autostima, può causare ansia interpersonale, depressione, può essere uno dei fattori che causano l’insorgenza dei disturbi alimentari.
Il disturbo dell’immagine corporea viene così definito in letteratura “ uno stato persistente di insoddisfazione, preoccupazione e disagio correlato ad un aspetto dell’apparenza e ad un certo grado di malfunzionamento nelle relazioni e attività sociali o nel funzionamento lavorativo deve essere presente”.
Le cause di un’immagine corporea negativa potrebbero derivare dal passato, ad esempio, umiliazioni subite per l’aspetto fisico durante l’infanzia o essere stati bambini ed adolescenti molto apprezzati per il loro aspetto fisico. O possono dipendere da forze attualmente presenti nella nostra vita: i media, per esempio, quando trasmettono e promuovono un’eccessiva esaltazione della magrezza,o i genitori e il gruppo dei pari, quando rinforzano e incoraggiano alcuni standard irrealistici di bellezza. Questo ci può far sopravvalutare l’importanza delle forme corporee e del peso nelle nostre valutazioni personali.
E’ riscontrato che il nostro “sentire” è condizionato dai nostri pensieri. Significa che come ci sentiamo nel nostro corpo è influenzato dalle nostre convinzioni, dalle nostre interpretazioni, dai pensieri intimamente sostenuti.
Anche i nostri moti interni, gli stato d’animo influenzano l’immagine che abbiamo del corpo, la sua gravità, il suo peso.
Un’immagine corporea negativa può condizionare i nostri comportamenti, ad esempio, per non sentire l’insicurezza, evitiamo certe situazioni o occupiamo un sacco di tempo in rituali frustranti o sprechiamo denaro ed energie per “apparire al meglio” o viviamo praticamente davanti agli specchi, affannandoci per ogni difetto percepito.
Ci sono un sacco di interviste fatte a modelle o modelli professionisti, riguardo a come si sentivano nei loro bellissimi corpi. Corpi che sono il prototipo a cui molti vorrebbero assomigliare. Tuttavia, una parte di loro era auto-critica e mostrava un’immagine corporea negativa a causa di alcune caratteristiche fisiche specifiche che li affliggevano (vedete la differenza tra immagine corporea e aspetto fisico!). La felicità non deriva da ciò che abbiamo ma da come guardiamo ciò che abbiamo. L’immagine corporea è in realtà uno stato della mente.
Le relazioni umane considerate buone o sane presuppongono che il dare e ricevere siano giustamente bilanciati; quando ciò non accade gli scambi diventano prevalentemente negativi, vissuti anche con rassegnazione, rabbia o risentimento. Ma cosa c’entra tutto questo con l’immagine corporea? Bene, la nostra immagine corporea presuppone una relazione, quella tra noi e il nostro corpo. Sono essenziali azioni positive per migliorarne la relazione, ad esempio, evitare pensieri auto-denigranti.
Per migliorare l’immagine del mio corpo, devo cercare di renderla il più possibile corrispondente alla realtà corporea percepita. Lo posso fare aumentando la consapevolezza delle sensazioni che mi regala, abitandolo in tutte le sue parti. Senza consapevolezza corporea vedo il mio corpo da fuori, con gli occhi degli altri o della mente condizionata, correndo il rischio di sentirmi estraneo, impacciato, controllato e poco spontaneo nell’espressione e nei movimenti o ossessionato dalla mia immagine.
L’adolescenza è una fase di decostruzione – ricostruzione del sé ed è frequente una marcata sensibilità al giudizio estetico negativo.
L’immagine corporea si riferisce alla nostra personale relazione con il corpo, è l’immagine che abbiamo nella nostra mente della sua forma, dimensione, taglia, sono le convinzioni, i pensieri sul nostro aspetto, è ciò che conosciamo di esso, sono i sentimenti che proviamo rispetto a singole parti del nostro corpo.
Il nostro aspetto e la nostra immagine corporea sono due componenti distinte. Ognuno di noi ha creato dunque una rappresentazione mentale di sé ed è principalmente questa a determinare la nostra l’autostima. Se l’immagine di sé è troppo lontana dai nostri ideali, l’effetto può essere l’insoddisfazione e la non accettazione di se. Il corpo viene, in questi casi, considerato un nemico da combattere, con diete, esercizio fisico incessante, per soddisfare, soprattutto, il bisogno di accettazione da parte degli altri o conformità ai modelli proposti dai media.
Quando l’inadeguatezza e l’insoddisfazione è alta, può condurre, nei casi più gravi, al dismorfismo corporeo, che viene così definito “una sensazione soggettiva di deformità legata alla convinzione di essere giudicati dagli altri in base a ciò che riteniamo gravi imperfezioni, che ci fanno sentire diversi e inferiori”.
Cosa può comportare un’immagine corporea negativa? Un abbassamento dell’autostima, può causare ansia interpersonale, depressione, può essere uno dei fattori che causano l’insorgenza dei disturbi alimentari.
Il disturbo dell’immagine corporea viene così definito in letteratura “ uno stato persistente di insoddisfazione, preoccupazione e disagio correlato ad un aspetto dell’apparenza e ad un certo grado di malfunzionamento nelle relazioni e attività sociali o nel funzionamento lavorativo deve essere presente”.
Le cause di un’immagine corporea negativa potrebbero derivare dal passato, ad esempio, umiliazioni subite per l’aspetto fisico durante l’infanzia o essere stati bambini ed adolescenti molto apprezzati per il loro aspetto fisico. O possono dipendere da forze attualmente presenti nella nostra vita: i media, per esempio, quando trasmettono e promuovono un’eccessiva esaltazione della magrezza,o i genitori e il gruppo dei pari, quando rinforzano e incoraggiano alcuni standard irrealistici di bellezza. Questo ci può far sopravvalutare l’importanza delle forme corporee e del peso nelle nostre valutazioni personali.
E’ riscontrato che il nostro “sentire” è condizionato dai nostri pensieri. Significa che come ci sentiamo nel nostro corpo è influenzato dalle nostre convinzioni, dalle nostre interpretazioni, dai pensieri intimamente sostenuti.
Anche i nostri moti interni, gli stato d’animo influenzano l’immagine che abbiamo del corpo, la sua gravità, il suo peso.
Un’immagine corporea negativa può condizionare i nostri comportamenti, ad esempio, per non sentire l’insicurezza, evitiamo certe situazioni o occupiamo un sacco di tempo in rituali frustranti o sprechiamo denaro ed energie per “apparire al meglio” o viviamo praticamente davanti agli specchi, affannandoci per ogni difetto percepito.
Ci sono un sacco di interviste fatte a modelle o modelli professionisti, riguardo a come si sentivano nei loro bellissimi corpi. Corpi che sono il prototipo a cui molti vorrebbero assomigliare. Tuttavia, una parte di loro era auto-critica e mostrava un’immagine corporea negativa a causa di alcune caratteristiche fisiche specifiche che li affliggevano (vedete la differenza tra immagine corporea e aspetto fisico!). La felicità non deriva da ciò che abbiamo ma da come guardiamo ciò che abbiamo. L’immagine corporea è in realtà uno stato della mente.
Le relazioni umane considerate buone o sane presuppongono che il dare e ricevere siano giustamente bilanciati; quando ciò non accade gli scambi diventano prevalentemente negativi, vissuti anche con rassegnazione, rabbia o risentimento. Ma cosa c’entra tutto questo con l’immagine corporea? Bene, la nostra immagine corporea presuppone una relazione, quella tra noi e il nostro corpo. Sono essenziali azioni positive per migliorarne la relazione, ad esempio, evitare pensieri auto-denigranti.
Per migliorare l’immagine del mio corpo, devo cercare di renderla il più possibile corrispondente alla realtà corporea percepita. Lo posso fare aumentando la consapevolezza delle sensazioni che mi regala, abitandolo in tutte le sue parti. Senza consapevolezza corporea vedo il mio corpo da fuori, con gli occhi degli altri o della mente condizionata, correndo il rischio di sentirmi estraneo, impacciato, controllato e poco spontaneo nell’espressione e nei movimenti o ossessionato dalla mia immagine.
Psicoeducazione alimentare
L’atto del mangiare è una complessa e precoce mescolanza di sensazioni ed emozioni, ed è anche forma d’espressione del rapporto con se stessi e con il proprio corpo.
L’inconsapevolezza può essere una delle cause delle nostre cattive abitudini alimentari. Il problema è che spesso non ci rendiamo conto della quantità e della qualità del cibo che ingeriamo, ma neppure del motivo che ci spinge a farlo. Il cibo, però, può influire, anche in maniera consistente, sulla nostra salute e sul nostro umore. La pressante offerta di cibo poco sano, iper-manipolato e iper-palatabile, potrebbe consolidare in noi l’idea che sia normale nutrirsi così, facendoci credere di scegliere consapevolmente, e invece tante delle nostre scelte sono inconsapevoli e automatiche, frutto di condizionamenti appresi dall’ambiente in cui viviamo.
La multimilionaria industria delle diete fornisce una costante serie di immagini e slogan, senza alcun riguardo per il benessere di ciascuno. Nella nostra società e nel nostro tempo, dalla prima adolescenza alla tarda età, la maggior parte delle donne, ma ultimamente anche sempre più uomini, cercano i perdere peso, spesso più e più volte. A dispetto dell’enfasi crescente sul benessere fisico, la magrezza rimane l’ideale. La nostra società chiarisce che ciascuno deve apparire in forma sempre. Questo crea un incentivo molto potente per le persone sovrappeso di conformarsi agli ideali o di morire provandoci. Sulle diete ciascuno ha sentito di tutto e di più! Sfatare falsi miti e credenze è difficile perchè la pressione dei media e della società è così forte da avere il controllo su di noi. Abbiamo però un’arma molto potente nelle nostre mani ed è il buon senso: cominciamo ad introdurre alcuni importanti concetti sulla corretta alimentazione.
L’obiettivo del workshop è promuovere un atteggiamento più consapevole dell’atto del mangiare, momento spesso affrettato e superficiale, e del vissuto sensoriale che lo accompagna. Imparare a mangiare con consapevolezza, significa apprezzare il sapore, la qualità del cibo, la gratificazione sensoriale che da esso deriva e magari sentirsi appagati con minori quantità.
L’inconsapevolezza può essere una delle cause delle nostre cattive abitudini alimentari. Il problema è che spesso non ci rendiamo conto della quantità e della qualità del cibo che ingeriamo, ma neppure del motivo che ci spinge a farlo. Il cibo, però, può influire, anche in maniera consistente, sulla nostra salute e sul nostro umore. La pressante offerta di cibo poco sano, iper-manipolato e iper-palatabile, potrebbe consolidare in noi l’idea che sia normale nutrirsi così, facendoci credere di scegliere consapevolmente, e invece tante delle nostre scelte sono inconsapevoli e automatiche, frutto di condizionamenti appresi dall’ambiente in cui viviamo.
La multimilionaria industria delle diete fornisce una costante serie di immagini e slogan, senza alcun riguardo per il benessere di ciascuno. Nella nostra società e nel nostro tempo, dalla prima adolescenza alla tarda età, la maggior parte delle donne, ma ultimamente anche sempre più uomini, cercano i perdere peso, spesso più e più volte. A dispetto dell’enfasi crescente sul benessere fisico, la magrezza rimane l’ideale. La nostra società chiarisce che ciascuno deve apparire in forma sempre. Questo crea un incentivo molto potente per le persone sovrappeso di conformarsi agli ideali o di morire provandoci. Sulle diete ciascuno ha sentito di tutto e di più! Sfatare falsi miti e credenze è difficile perchè la pressione dei media e della società è così forte da avere il controllo su di noi. Abbiamo però un’arma molto potente nelle nostre mani ed è il buon senso: cominciamo ad introdurre alcuni importanti concetti sulla corretta alimentazione.
L’obiettivo del workshop è promuovere un atteggiamento più consapevole dell’atto del mangiare, momento spesso affrettato e superficiale, e del vissuto sensoriale che lo accompagna. Imparare a mangiare con consapevolezza, significa apprezzare il sapore, la qualità del cibo, la gratificazione sensoriale che da esso deriva e magari sentirsi appagati con minori quantità.
Sono Chiara Zanetti, Psicologa-Psicoterapeuta ad orientamento corporeo sul territorio di Bologna. I miei interventi sono di psicoterapia individuale e couseling psicologico rivolti ad adulti e adolescenti, terapia di coppia e di gruppo, di sostegno per le famiglie nella prevenzione e cura del sovrappeso/obesità in età evolutiva. Svolgo attività di volontariato presso l’ospedale S.Orsola Malpighi – Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile – centro a valenza regionale per i disturbi del comportamento alimentare in età evolutiva (Direttore Prof. E. Franzoni). Ho attivato, inoltre, uno sportello gratuito di ascolto e supporto rivolto a chi soffre di problematiche legate al cibo, in collaborazione con i medici di base, presso un poliambulatorio in centro a Bologna. Le altre aree di intervento di cui mi occupo sono i disturbi relazionali, i disturbi d’ansia, gli attacchi di panico, lo stress lavoro correlato o stress familiare, situazioni traumatiche, depressione, dipendenza da sostanze stupefacenti, alcol, internet e cibo.
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