È solo nella perfetta armonia tra corpo, mente ed emozioni che possiamo raggiungere un senso di integrità morale e personale.
Grazie a questo sublime equilibrio è possibile conseguire quello stato di grazia tanto difficile da ottenere nella vita odierna.A. Lowen
Biosistemica è il nome di un approccio terapeutico integrato a mediazione corporea che riassume in sé le sue dirette ascendenze: la componente biologica e quella sistemica. “Bio” fa riferimento alle dimensioni biologiche, neurofisiologiche ed embriologiche inerenti la componente organica della corporeità. “Sistemica” fa riferimento alla teoria generale dei sistemi in base alla quale e possibile concepire l’individuo come un sistema costituito da sottosistemi in interrelazione fra di loro.
Per delineare la struttura teorica biosistemica, possiamo dire che l’osservazione metodologica si incentra sull’emozione, in quanto fulcro centrale del vissuto, sia fisiologico che patologico; l’emozione e letta qui essenzialmente con mappe neurofisiologiche ed embriologiche, e al tempo stesso ne viene sottolineata la valenza sistemico-relazionale, in quanto costitutiva dell’esperienza sociale umana.
L’oggetto centrale di riferimento e quindi costituito dalle emozioni, in quanto fenomeno cruciale dal punto di vista clinico ed epistemologico dell’esperienza umana. L’emozione caratterizza permanentemente il vissuto ed il funzionamento dell’uomo, dato che, per definizione, comprende in se i processi fisiologici, le reazioni comportamentali, gli aspetti relazionali e i contenuti cognitivi di ogni esperienza umana nella sua completezza e complessità.
L’originalità di questo approccio sta nella possibilità di intervenire non solo sui processi individuali ma anche su livelli più complessi come i contesti di coppia, le relazioni familiari e di gruppo con un modello psicocorporeo che permette di connettere gli elementi verbali allo scenario globale fatto di movimenti, posture e vissuti corporei.
Il disagio psicocorporeo è affrontato a partire dall’unità corpo-mente. Non c’è primato dell’uno sull’altro, ma si influenzano continuamente e vicendevolmente. La psiche influenza il soma ed il soma influenza la psiche, quindi si lavora con una persona globalmente. Tale unità si rispecchia nell’emozione, intesa come evento psicosomatico per eccellenza in cui le sensazioni corporee si incontrano con i pensieri.
Secondo l’approccio biosistemico ogni evento emotivo è costituito da tre componenti, pensieri, sensazioni e azioni. Le tre componenti dell’emozione costituiscono un vero e proprio sistema. Se c’è squilibrio si può avere un’emozione solo pensata, solo agita o solo avvertita internamente Laddove le sensazioni corporee vengono scisse dalla valutazione interpretativa dell’emozione, o la persona sia bloccata nell’azione, si crea il disagio psicologico, che può manifestarsi anche a livello psicosomatico. L’obiettivo che la terapia biosistemica si propone è quello di permettere al paziente di prendere o ri-prendere il contatto con l’emozione, costruendone il significato celato, entrando dentro l’emozione stessa.
Ci sono distretti corporei, come, ad esempio, le braccia, che sono modulatori della relazione: proteggono dall’invasione o cercano l’altro per un contatto. A volte accade che, a seconda della propria storia di vita, si eviti di usarli nella pienezza delle loro funzionalità. E ad ogni limitazione funzionale corporea corrisponde una limitazione funzionale psichica. Quindi un soggetto “distanziante” può fare fatica a tendere le braccia in segno di richiesta, un altro “preoccupato” non osa usare le braccia per respingere a scopo difensivo o per aggredire.
L’inizio di ogni cronico disagio esistenziale, secondo l’ottica biosistemica, può infatti essere individuato nello sdoppiamento di due circuiti essenziali: quello delle ideazioni mentali e quello del vissuto corporeo. Se scissi, il corpo non ha più parole per nominare le sensazioni (potrà esprimersi attraverso sintomi psicosomatici), ne la mente potrà parlare di ciò che il corpo non sente, perchè inibito nella sensazione (e il disagio si esprimerà attraverso un continuo brusio mentale indistinto di sottofondo). L’emozione rappresenta l’evento psicosomatico per eccellenza, l’elemento trasversale che unifica lo psichico e il somatico, il terreno d’incontro tra pensieri e sensazioni corporee. Quando il linguaggio (la mente) e il suo “inconscio” (il corpo) si incontrano, si producono non più solo parole, ma azioni, fatti concreti e l’emozione sboccia come qualità emergente dell’interazione tra le componenti del sistema complessivo (pensieri, sensazioni, azioni).
Il terapeuta biosistemico presta perciò attenzione non solo all’aspetto simbolico del linguaggio, ma anche all’aspetto espressivo delle parole, intese come prolungamento degli arti, come parole a cui sia data corporeità. Si passa dalla scoperta del gesto come parola non detta (attraverso la lettura della comunicazione non verbale), alla parola come gesto non fatto (fornendo un nome alle sensazioni e ai gesti inibiti). La Biosistemica si pone come obiettivo il ripristino del ciclo emotivo, non attraverso lo svelamento di verità nascoste, ma attraverso la costruzione della “verità”, sulla base di ciò che appare: amplificando l’emozione, “pensando con il corpo”, creando i movimenti, l’emozione si trasforma in qualcosa di inatteso, di nuovo. Si tratta di una trasformazione qualitativa dello stato globale della persona, di un aumento della complessità connessa allo stato di salute, in antitesi con un impoverimento della complessità psicocorporea del soggetto.
La salute fisica ed emozionale di una persona dipende dall’alternanza e dalla reciprocità tra sistema simpatico e parasimpatico, cioè quando essi si scaricano uno dopo l’altro. L’onda energetica che si crea prevede che l’uno si inneschi quando l’altro ha raggiunto il suo picco massimo in una reciprocità che segue, appunto, un andamento ad onda. Anche le emozioni seguono lo stesso andamento, cioè nascono, si sviluppano giungendo ad una massima espressione e decrescono, lasciando il posto ad una nuova emozione. In una situazione ottimale, l’onda emotiva dovrebbe seguire il suo percorso completo in modo tale che ogni emozione sia vissuta interamente, in caso contrario si crea disagio e sofferenza.
Quando, infatti, questi due meccanismi funzionano simultaneamente, non c’è “rimbalzo” tra uno e l’altro, il sintomo principale è la tensione, l’oppressione. Le emozioni malsane nascono quando tra i due non c’è un funzionamento reciproco, ma aggiuntivo, se non c’è scarica del sentimento, questo si cronicizza, si blocca.
Il terapeuta biosistemico, nel caso in cui ci sia una disfunzione nell’alternanza tra le due componenti del SNA, secondo questo modello, può aiutare il paziente ad esaurire il percorso delle emozioni “ricettive”, tipiche del sistema parasimpatico, attraverso il supporto emotivo e il contatto. Le emozioni “attive” tipiche del sistema simpatico come, ad esempio, la rabbia, hanno bisogno di un’azione vigorosa che le accompagni nel loro cammino fino alla loro scarica.
Cercare di comprendere la realtà – e noi stessi che ne facciamo parte – esclusivamente attraverso i nostri processi mentali significa far rientrare l’infinita varietà della realtà all’interno di un numero limitato e preconcettualizzato di possibilità. Cioè sostituire la realtà con una serie di astrazioni, anche sul nostro conto: quindi essere in contatto non con la realtà e con noi stessi, ma con l’idea che abbiamo della realtà e di noi stessi. In termini contemplativi. I questo processo di grounding, di contatto con noi stessi dobbiamo reimparare a tollerare quei sentimenti che non vorremmo albergassero dentro di noi: la negatività, la rabbia, la paura, il desiderio…
Per Lowen, “il terreno è sempre interpretato come il simbolo della madre. Il modo in cui una persona sta in piedi ci fornisce molte indicazioni riguardo ai suoi primi rapporti con la madre. L’insicurezza di tale rapporto si tramuta in insicurezza a reggersi sulle proprie gambe ed è l’insicurezza fondamentale riguardo al problema di affrontare la vita”.
Nel grounding la persona deve affrontare le sue ansie e paure. Il movimento verso il basso è associato alla paura di cadere. Per Lowen la paura di cadere, presente nella maggior parte delle persone, è causata dalla remota mancanza di un contatto adeguato tra la madre e il bambino, che non si è sentito sufficientemente protetto.
C’è anche l’ansia di stare in piedi da sé, cioè da soli. Imparare a reggersi sulle proprie gambe significa diventare realmente autonomi e indipendenti, eppure molte persone sono riluttanti a compiere questo passo, perché per loro stare in piedi da sole significa essere sole.
A livello somatico le tensioni presenti nei piedi, nelle caviglie e nelle gambe determinano la qualità del contatto che si stabilisce con il suolo. Ciascuna di tali tensioni riflette una limitazione del movimento e, più in generale, dell’espressione di sé.
Nel modello biosistemico l’empatia e la condivisione del disagio sono rese possibili dall’applicazione del metodo dell’ascolto profondo, termine coniato da Jerome Liss.
L’obiettivo principale di tale attività è la condivisione. Si parla di “elaborazione della sofferenza” quando si permette alle emozioni dolorose di trovare uno spazio per emergere, lasciando così gradualmente posto ad emozioni e sensazioni positive. In altre parole, la sofferenza e il disagio vengono elaborati quando vengono espressi. Quando abbiamo la possibilità di riferire a voce alta, a parole, i nostri vissuti problematici, possiamo chiarire la natura di ciò di cui stiamo parlando e soprattutto coglierne le emozioni correlate.
Nell’ascolto profondo l’obiettivo non è, quindi, quello di fornire subito una soluzione alla persona, ma semplicemente quello di ascoltare e condividere il problema dell’altro. Solo in un secondo momento, dopo che il problema e le emozioni correlate saranno state condivise, esplorate, elaborate, si potrà procedere insieme verso la ricerca di una soluzione. Trovare una soluzione significa accompagnare il paziente nel lavoro di ricerca di una modalità concreta di azione per il futuro. Si tratta proprio di due fasi differenti e distinte: dalla fase di ascolto e analisi del problema si passa, poi, alla ricerca di una soluzione. La ricerca della ipotetica soluzione può essere potenziata da giochi di ruolo e tentativi attivi. Il terapeuta può fare questo focalizzandosi sulle parole chiave, a cui il paziente attribuisce una particolare carica emotiva, stimolando la concretezza delle sue decisioni e azioni.
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