Emma e le altre, quali dinamiche dietro il femminicidio? Lo psicologo: “Manca l’educazione a separarsi”
Maurizio Stupiggia, psicologo, psicoterapeuta e direttore della Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Biosistemica di Bologna nonchè docente all’Università di Milano prova ad analizzare il femminicidio di Emma Pezemou dal punto di vista della “mente”.
“Fin da quando siamo piccoli ci raccontano delle fiabe che finiscono con un classico “E vissero tutti felici e contenti”. Bisognerebbe aggiornare queste favole”. Dall’efferato omicidio avevnuto nel weekend a Bologna parte l’analisi di Stupiggia, psicologo e psicoterapeuta, che indaga l’animo umano fino a rintracciare nodi ancestrali
Cosa potrebbe essere successo fra la studentessa camerunense e il suo compagno, che gli investigatori ritengono responsabile di aver ucciso, dissezionata e gettatovin un cassonetto la compagna per poi tolgleirsi la vita?
Non solo nel caso specifico, ma anche in generale, quali dinamiche scattano nei casi di femminicidio?
“Non conoscendo l’episodio e la storia di questa coppia nei dettagli, la prima cosa a cui penso davanti a fatti drammatici come quello accaduto in questi giorni, è che ci manca l’educazione a separarsi. Manca in tutto il pianeta, non si parla di differenze fra Paesi: siamo in Camerun come in Italia. Fin da quando siamo piccoli ci raccontano delle fiabe che finiscono con un classico “E vissero tutti felici e contenti”. Bisognerebbe aggiornare queste favole con narrazioni diverse e aperte, visto che è anche su queste che costruiamo le nostre aspettative di vita e che da piccoli, quando le ascoltiamo e le assorbiamo, non disponiamo ancora di un apparato critico. E se poi il re è felice e la regina no? Se è la regina a non essere felice?”.
Il problema nei casi di femminicidio sarebbe dunque l’incapacità di accettare (da parte dell’uomo), la fine di una relazione?
“Un copione che ritroviamo spesso ci racconta questo, ma in questa chiacchierata stiamo generalizzando. Potrebbe però essere il caso della storia fra Emma e il suo compagno, che alla fine l’avrebbe uccisa. Assistiamo spesso a omicidi-suicidi e se è vero che ogni soggetto ha i propri sentimenti, credo che succeda qualcosa che possiamo definire ‘rabbiosa impotenza’ per cui si sente di essere senza via di uscita. L’uomo è il colpevole ma la situazione è asfissiante e si arriva a una distruttività profonda che puà essere eterodiretta o autodiretta: verso gli altri o verso se stessi. Consideriamo anche che a volti siamo obbligati a restare insieme dalla cultura. Quello che può aiutare la coppia è l’apertura verso l’esterno”.
Cosa ci succede quando proviamo terrore?
“Si rompono le connessioni con gli altri. Si sprofonda in uno stato di solitudine interna estrema. Ci si sente gli unici al mondo capaci di provare questa cosa, chiamata senso di emotional isolation. In pratica non si ha più il senso di fiducia che permette di condividere con l’altro”.